Introduzione al corso su
Il Fine Ultimo
Queste dieci lezioni che Padre Tomas tenne nell’anno scolastico 1986-1987
presso la Studio Teologico Accademico Bolognese trattano della questione
fondamentale della condotta umana: quella del fine ultimo.
L’agire umano, nel senso dell’agire da uomo o in quanto uomo, comporta
l’agire volontario per un fine e questo fine non può che essere un fine
“ultimo”, ovverosia assoluto, incondizionato ed intrascendibile.
L’uomo, qualunque azione compia, non può non agire per un siffatto fine.
Il che non vuol dire ancora agire in vista di giungere a Dio o in
obbedienza a Dio. Ciò non dipende dall’atto umano libero come tale, ma da
una scelta precisa dell’uomo, scelta che può variare da uomo a uomo,
perchè la scelta di Dio non è determinata dalla natura dell’atto umano
come tale, ma da un certo atto, posto liberamente, che può anche non
essere posto. Sotto questo punto di vista l’uomo può scegliere per Dio ma
anche contro Dio.
Padre Tyn stabilisce anche l’esistenza e la necessità del fine ultimo
naturale distinto da quello soprannaturale. Fine naturale è la
contemplazione di Dio come causa prima dell’universo; fine soprannaturale
è la beatitudine assicurata dalla vita cristiana come contemplazione
immediata dell’essenza del Dio trinitario.
Padre Tyn commenta le prime cinque questioni della I-II della Somma
Teologica di S.Tommaso, dove l’Aquinate passa in rassegna una serie di
valori domandandosi per ciascuno se in esso consiste la beatitudine
dell’uomo. Trattandosi di valori semplicemente creati e finiti, essi
vengono scartati ad un ad uno con ponderate considerazioni, sino a
giungere alla conclusione, ben fondata, che la vera beatitudine dell’uomo
consiste nella visione immediata della divina essenza.
Il fine ultimo si chiama così perché, benchè esso sia il primo
nell’intenzione, esso è l’ultimo ad essere conseguito, per cui è quel fine
al conseguimento del quale si ordina il raggiungimento di tutti i fini
intermedi che vengon raggiunti nella vita presente. Padre Tomas, seguendo
l’insegnamento dell’Aquinate, dimostra che il vero fine ultimo, il vero
Assoluto e sommo bene, è Dio, il quale trascende tutti i beni finiti della
vita presente, i quali possono avere per l’uomo l’apparenza dell’assoluto,
ma gli danno una falsa felicità.
Il fine ultimo nell’ordine dell’appetibile e del bene è la causa prima
nell’ordine dell’essere. E poichè l’appetizione della volontà suppone la
conoscenza dell’intelletto, il fine ultimo può essere desiderato solo dopo
che la ragione ha stabilito l’esistenza della causa prima, perché è
appunto questa che si presenta come fine ultimo della volontà.
Questa trattazione di Padre Tyn si mostra utile oggi per evitare due
errori opposti: l’errore secolarista-materialista, che riduce il fine
dell’uomo nei limiti dello stesso uomo, chiudendosi al conseguimento del
bene divino trascendente, oltre i confini della vita presente; e l’errore
trascendentalista, di marca idealista-panteista, che risolve l’uomo in
un’“autotrascendenza” verso un Dio che non trascende l’uomo ma è
semplicemente l’“orizzonte” di questa autotrascendenza.
Il primo deprime la dignità umana abbassandola al livello dell’animale; il
secondo la esalta eccessivamente confondendo la natura umana con quella
divina. Il primo nega la trascendenza, il secondo ne propone una
concezione falsa. Entrambi chiudono all’uomo la via verso la sua vera
felicità: l’azione libera e responsabile in vista del raggiungimento del
fine ultimo, sommo bene che è Dio.
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